Bricolage, design, giardinaggio, cucina, cosmesi, detersivi, cucito. Qualsiasi cosa ci interessi o ci incuriosisca, abbiamo a disposizione una marea di tutorial, guide online, libri sul Fai da te per aiutarci a creare qualcosa ex novo con le nostre mani. Molto spesso si attribuisce questo crescente interesse alla crisi economica che ha avuto l’effetto positivo di far riscoprire la manualità e alcune pratiche che facevano parte di quel mondo prima dello sviluppo economico capitalistico, le pratiche dei nostri nonni per intenderci. Sicuramente c’è un nesso, ma pochi sanno che l’origine del Do It Yourself, come filosofia di vita messa in atto in maniera consapevole, deriva da una cultura, anzi una sottocultura, nello specifico quella punk.
Il DIY (abbreviazione di Do It Yourself, in italiano Fai Da Te) è un’etica nata e diffusa all’interno della cultura punk, che propugnava il rifiuto per le major della distribuzione musicale ritenute capitaliste, espresso nello slogan DIY not EMI, e la formazione di etichette indipendenti con cui pubblicare i propri album. Dall’autoproduzione dei dischi poi l’etica del DIY si è estesa fino ad abbracciare sempre più aspetti della vita quotidiana e della commercializzazione come la produzione e distribuzione di fanzine, ossia giornali autoprodotti, che cercavano di diffondere notizie e idee della scena punk. Col tempo poi si è arrivati anche a magliette, toppe, spille e beni di consumo materiali, quali saponi e oggetti per la cura del corpo. Grazie all’hardcore americano dei primi ’80, il DIY ha avuto una larghissima diffusione tra i gruppi e i giovani, fino a diventare una vera e propria scelta non solo musicale, ma anche di vita.
Oggi il DIY si riferisce all’etica di autosufficienza attraverso il completamento delle attività senza l’aiuto di un esperto retribuito e promuove l’idea che chiunque è in grado di eseguire una serie di operazioni piuttosto che affidarsi a specialisti pagati. Dalla sottocultura punk, l’attuale concezione del DIY ha ereditato l’ideologia anticonsumista sdoganando i sistemi o processi esistenti che potrebbero favorire la dipendenza da strutture sociali consolidate e mettendo al centro le persone e le comunità, incoraggiando l’impiego di metodi alternativi di fronte a ostacoli burocratici o società a raggiungere i loro obiettivi.
Il punk DIY vale anche nelle normali attività quotidiane come il giardinaggio, le riparazioni di qualsiasi tipo di oggetto, l’abbigliamento, il cibo. Ma non finisce qui, perché c’è chi ha coniato il termine Edupunk, derivato proprio dalla filosofia del DIY applicandolo all’istruzione.
Edupunk è un atteggiamento di insegnamento e di apprendimento delle pratiche fai da te. Il New York Times ha definito il termine come “un approccio all’insegnamento che evita gli strumenti tradizionali come PowerPoint e Lavagna, e invece mira a portare in classe, l’atteggiamento ribelle e l’ethos fai da te anni ’70 di gruppi come i Clash“. Il termine è stato coniato da Jim Groom, specialista tecnologia didattica nelle arti e scienze umane presso l’Università di Mary Washington in Virginia, ed è stato rapidamente adottato da un gruppo di studiosi, soprattutto negli Stati Uniti e in Canada, che hanno voluto che gli studenti creassero la loro istruzione piuttosto che limitarsi a consumarla.
Edupunk quindi si snoda attraverso tre concetti fondamentali: la reazione contro la commercializzazione di apprendimento, il Fai da te come atteggiamento e il pensare all’apprendimento adatto ad ogni singolo individuo. Un esempio di Edupunk è stato il corso “Wikipedia: WikiProject Murder Madness e Mayhem” della University of British Columbia, un esperimento sulla creazione di articoli su Wikipedia nella primavera del 2008. Attualmente l’ Hampshire College, l’Evergreen State College, l’Università Marlboro, il New College della Florida e il Warren Wilson College hanno istituzioni collegiali che seguono l’ideologia edupunk.
Nel DIY non c’è un modo giusto o sbagliato per imparare o insegnare, la cosa principale è quello di avere le mani sporche e imparare dall’esperienza. Perseguire il DIY non è fare il pane seguendo il tutorial su Youtube, ma fare il pane perché volete bene a voi stessi, prendete del tempo per voi per creare del cibo sano e più duraturo del pane da supermercato (che magari è stato anche decongelato e non si sa da dove viene e cosa contiene) e boicottate qualsiasi cosa che è non è etica e non rispetta l’ambiente e il vostro organismo. Dimenticate quindi lo stereotipo del punk come l’ubriacone nichilista e distruttivo. Se avete la passione per il fai da te e scambiate informazioni, saperi e cose a costo zero o quasi, siete un po’ punk anche voi. Adesso lo sapete.
Il punk è morto? Io non credo… E dopo tante parole, ascoltiamo insieme un po’ di Clash e sporchiamoci le mani!
https://www.youtube.com/embed/7zLJxHug_CM
Info da en.wikipedia.org/wiki/DIY_ethic, en.wikipedia.org/wiki/Edupunk, timeshighereducation.co.uk
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